Il Ministero delle Infrastrutture, in risposta ad un quesito della associazione Confabitare ha chiarito come per accedere agli sconti fiscali sugli affitti concordati occorra un visto da parte delle associazioni di proprietà o inquilinato. Infatti, nel decreto interministeriale del 16 gennaio 2017, che ha rinnovato le modalità per la stipula dei contratti di locazione a canone concordato, è infatti stabilito che inquilini e proprietari possano farli validare da almeno una delle organizzazioni firmatarie dell’accordo territoriale, ottenendo una attestazione di rispondenza per confermare la correttezza del calcolo del canone concordato, e del rispetto dei criteri e parametri previsti dall’accordo. A seguito di una serie di dubbi sulla fruibilità delle agevolazioni fiscali (soprattutto la cedolare secca ridotta dal 21% al 10% ma con bonus anche ai fini Imu), anche per chi avesse firmato i contratti senza farli vidimare dalle associazioni, Confabitare ha appunto rimesso la questione al Ministero lo scorso 22 gennaio.
Il Ministero (lettera n. U.0001380.06-02-2018) ha risposto, in tempi rapidissimi, lo scorso il 6 febbraio, ricordando che la convenzione nazionale recepita nel decreto ha considerato facoltativo il ricorso alle associazioni territoriali per quanto riguarda la definizione del canone, ma precisa lo stesso Ministero come, per quanto concerne i profili fiscali va considerato che l’obbligatorietà dell’attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, sia a livello centrale che comunale, la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell’accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, sia statali che comunali. Ne consegue, conclude il Mit, che in caso di accertamento da parte dell’Agenzia occorre esibire l’attestazione, che può essere data indifferentemente da un’associazione di proprietari piuttosto che di inquilini.
Il definitivo supera il preliminare, il principio è valido anche quando la difformità riguarda il prezzo pattuito
Se c’è discordanza tra il contenuto di un contratto preliminare e quello di un contratto definitivo, è quest’ultimo a prevalere, ciò a meno che le parti contraenti non manifestino espressamente la volontà di far salve talune clausole del preliminare. Lo afferma la Corte di cassazione nella sentenza n. 20541 del 30 agosto 2017.
La Corte ha riffermato un principio che in verità non è nuovo è stato ripetutamente affermato dalla Cassazione in passato, tuttavia, mentre nella giurisprudenza precedente a quella odierna sono stati analizzati casi di clausole presenti nel contratto preliminare e poi omesse nel definitivo oppure, clausole riportate nel definitivo in modo difforme rispetto a quelle del preliminare, nella sentenza 20541 il caso è quello di un acquirente che, pagato il prezzo superiore (quello convenuto nel preliminare) rispetto a quanto riportato nel definitivo, ne aveva chiesto il rimborso adducendo l’effettuazione di un indebito. Insomma, un classico caso di pagamento in “nero”.
La Cassazione dunque decide che vale ciò che è scritto nel definitivo, per il principio che "quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto". E' infatti il contratto preliminare che resta superato dal definitivo "salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto la sopravvivenza del preliminare; la presunzione di conformità del definitivo rispetto al preliminare può "essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono".
Si apre però, a questo punto, una pluralità di discorsi. Anzitutto, nella fattispecie concreta che ha avuto esito nella sentenza n. 20541, si trattava non tanto di un caso di contrasto tra preliminare e definitivo, quanto di un caso di simulazione relativa: le parti avevano consapevolmente stipulato i due contratti in modo difforme, essendovi la concorde volontà di redigere un preliminare con il vero prezzo e un definitivo con il prezzo artificiosamente inferiore. Quindi, non è più questo un tema di prevalente volontà dei trai due contrati del definitivo difforme rispetto al preliminare, ma è un problema di efficacia tra le parti del contratto simulato e, di conseguenza, è un problema di prova della simulazione nell’ambito di un contratto, come quello traslativo della proprietà immobiliare, per il quale la legge prescrive la forma scritta a pena di nullità. Più in generale, rimane la circostanza di una preferenza della Corte di Cassazione per la prevalenza del definitivo rispetto al preliminare. Se la "vera" contrattazione è quella preliminare ed il definitivo è solo una "ripetizione": se quindi il definitivo non è allineato con il preliminare, verrebbe più spontaneo dire che si tratta di un errore di confezione del definitivo e che, quindi, ciò che deve essere provato, non è la volontà di salvare il preliminare, ma quella di aver effettivamente voluto predisporre il definitivo in modo difforme dal preliminare.
Contratti di locazione e registrazione tardiva od omessa
Forniamo un breve riepilogo di utilità per i nostri lettori.
E’ premesso che anche i contratti di locazione non presentati per la registrazione e, pertanto, affetti da nullità, restano soggetti ai fini fiscali ai tributi diretti al pari di quelli regolarmente registrati, in quanto, i relativi canoni vanno comunque denunciati nella dichiarazione dei redditi. E’ infatti dovuta in ogni caso l'imposta di registro, infatti, l'obbligo di presentare l'atto per la registrazione e di assolvere la relativa imposta sorge anche rispetto ai contratti affetti da nullità come previsto dall' articolo 38, comma 1 del Dpr 131/1986.
Ai fini fiscali, l'omessa registrazione del contratto può essere sanata avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso, di cui all' articolo 13 del Dlgs 472/1997, qualora ne ricorrano le condizioni, la sanzione ridotta e gli interessi di mora.
Il problema che segnaliamo è cosa accada sul piano civilistico di fronte alla registrazione tardiva. Questa ultima è idonea a ridare efficacia civilistica al contratto? Sul punto non si è giunti ad una soluzione condivisa, infatti, sono attualmente rinvenibili tre diversi filoni interpretativi a riguardo.
Il primo orientamento, propone per la sanabilità della nullità ex tunc, e si fonda sull'assunto che l'adempimento previsto dalla normativa fiscale deve essere considerato alla stregua di condicio iuris, con la conseguenza che gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato conluso il contratto a norma dell' articolo 1360, I comma, del codice civile. Deporrebbe in tal sento la sentenza n. 18213/2015 della Cassazione Civile a Sezioni Unite che, pur pronunciandosi su una fattispecie di nullità del patto occulto di maggiorazione del canone, ha avuto modo di precisare che se la sanzione della nullità derivasse dalla violazione dell'obbligo di registrazione, sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell' obbligo.
Un secondo orientamento, che si fonda sul presupposto di carattere generale che la nullità consegua ad un vizio coevo alla formazione del contratto, esclude la possibilità di una sua successiva convalida come previsto dall' articolo 1423 del Codice civile, per di più attraverso un adempimento estraneo al regolamento negoziale, quale è appunto un adempimento fiscale. Questa posizione è sostenuta dal Tribunale di Milano, sentenza 6782/2016 dep. 15 giugno, e per cui la interpretazione del nuovo art 13 della legge 431/98 in vigore dal 1 gennaio di quest'anno farebbe intendere che la fattispecie della locazione di immobile sorge (nei casi a partire dal 1 gennaio 2016) con la stipulazione del contratto e si perfeziona con la registrazione entro 30 giorni. Sempre secondo il Tribunale di Milano, nel caso de quo, per eseguire uno sfratto relativo ad un contratto stipulato prima del 1° gennaio 2016 il proprietario ha correttamente registrato fiscalmente il rapporto e, quindi, e poi proceduto alla citazione per convalida di sfratto.
Il terzo orientamento, propone la sanabilità della nullità ex nunc sicché, il contratto è improduttivo di effetti solo fino al momento dell' avvenuta, seppur tardiva, registrazione.
Dal Tribunale di Pordenone è giunta una interessante pronuncia che, certamente, sarà foriera di ulteriori rilevanti effetti. Si apre infatti alla possibilità che in occasione di una negoziazione assistita per la separazione dei coniugi assistita da avvocati gli effetti dell'atto possano comprendere la cessione di immobile. Intrapresa la procedura, una coppia sposata decideva di inserire tra le condizioni di separazione il trasferimento della quota di proprietà di un immobile in maniera tale da rendere la moglie proprietaria esclusiva. L'accordo era depositato in Procura per il visto autorizzativo del PM e successviamente i legali provvedevano a farne trascriverne l'atto dall'ufficiale di stato civile. La conservatoria rifiiutava però la trascrizione della cessione dell'immobile ritenendo di poter sollevare dubbi sull'idoneità del titolo sottoposto al loro ufficio in mancanza di una valida autenticazione. Il Tribunale osserva invece che l'art 6 della L 133/2014 determina la produzione di effetti e tiene luogo dei provvedimenti di separazione giudiziale. E poichè, osserva, i provvedimenti giudiziali non richiedono della autenticazione delle sottoscrizioni da parte di altri pubblici ufficiali per poter addivenire ad una valida trascrizione delle cessioni immobiliari in essi inseriti, è evidente che per i giudici neppure gli accordi di negoziazione vi dovranno essere sottoposti, ben essendo anch'essi degli accordi e con il via libera da parte del PM. Il Tribunale rimarca come i detti accordi siano già frutto di una attenta supervisione di un legale per parte e che l'ulteriore apporto di una nuova figura professionale in caso di accordo contenuto in negoziazione familiare sarebbe in contrasto con le esigenze di assicurare maggiore efficienza e funzionalità alla giustizia civile.
NOVITA' PER I CONTRATTI A CANONE CONCORDATO:
Cambiano le regole di base per i canoni concordati, e ciò in base al Decreto del Ministero per le Infrastrutture. Il DM 16 gennaio contiene i criteri per determinare il canone "concordato" abitativo della durata di 3 anni + 2 e gli allegati dei contratti tipo, anche per esigenze transitorie e di studenti. Prima novità riguarda la possibilità che le associazioni e sindacati attestino la rispondenza del contratto di locazione ai contenuti della convenzione, prevedendosi una riduzione dei contenziosi. L'altra novità riguarda la questione dell'elenco dei Comuni ove erano possibili le stipulazioni dei contratti a canone concordato. Prima ci si doveva limitare a quelli ad "alta tensione abitativa". Ora si rende possibile stipulare convenzioni (dalla cui esistenza sempre dipende la utilizzabilità del modello contrattuale) anche in comuni diversi potendosi così estendere a tutti gli altri comuni questa facoltà di pattuizione contrattuale.
CONTRATTI CON ESIGENZE TRANSITORIE:
Ci sono novità anche per i contratti transitori i cui canoni sono gli stessi dei contratti concordati con durata 3 + 2. Questi potranno essere definiti solo nei Comuni con oltre 10.000 abitanti. Invece, per i contratti a studenti fuori sede se ne estende l'applicabilità anche ai frequentanti master, specializzazioni, o perfezionamenti (esclusi i contratti con studenti Erasmus).
Si attendono ora misure di incentivazione fiscale per coloro che opteranno per questi modelli "a canone calmierato", tra tutte, la possibilità di estensione al 2017 della cedolare secca al 10%.
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